La solidarietà intergenerazionale è una pentola in ebollizione (La Regione)

 
 

Quando vediamo le prime bolle d’aria staccarsi dal fondo di una pentola, per risalire verso la superficie, l’abitudine ci dice che l’acqua sta iniziando a bollire. Ma non è sempre così  semplice interpretare ciò che abbiamo davanti agli occhi, specialmente in politica spesso non ci accorgiamo di come notizie apparentemente slegate siano l’espressione di una stessa tendenza.

Prendete quello che è successo nelle ultime settimane a livello federale. Da una parte, lo scossone assestato dal Consiglio degli Stati alla riforma «Previdenza 2020»: rispetto al progetto del Consiglio federale, la Camera alta ha inserito un aumento delle rendite AVS – 70.- al mese per le persone singole, 200.- per le coppie – pur sapendo che questa mossa avrebbe messo a rischio l’equilibrio a lungo termine del sistema. In sostanza un regalo pagato con la carta di credito dei nostri figli. Pochi giorni dopo è arrivata una decisione della Conferenza dei direttori cantonali della socialità che ha annunciato un giro di vite: i versamenti di denaro pubblico verranno ridotti, ma solo per i giovani in assistenza e le famiglie numerose.

Si tratta di due bolle d’aria che si sono staccate dal fondo della stessa pentola, segnalandoci che l’acqua – nella nostra Confederazione, come del resto in quasi tutto il mondo industrializzato – è prossima all’ebollizione. Sempre più cittadini, infatti, si stanno accorgendo del fenomeno che l’economista americano Laurence Kotlikoff – intervistato un paio d’anni fa dalla rivista di una banca elvetica – ha battezzato «Guerra di generazioni».

Possiamo riassumere così l’origine del conflitto: chi si appresta ad andare in pensione – la generazione dei «baby boomer», nati dopo la Seconda guerra mondiale – ha avuto la fortuna irripetibile di vivere sempre sulla cresta dell’onda. Cresciute durante un boom economico irripetibile – i «Trenta gloriosi», dal 1945-1975 – queste persone sono state le prime ad avere un accesso generalizzato alla formazione e a posizioni dirigenziali, senza concorrenza né interna né esterna. Il tutto con la certezza di un sistema tarato per restituire loro, in vecchiaia, più di quando avessero versato (mai sentito parlare di «primato delle prestazioni»?).

Il problema è che di quella storica onda di abbondanza, oggi, non resta più nulla da «surfare». E nonostante i tempi siano drammaticamente cambiati, ora che questa generazione si appresta a riscuotere il suo premio di vecchiaia – come ci lasciano intendere le recenti decisioni politiche – non è intenzionata mollare nulla di quanto le è stato promesso. E pazienza se il costo di questo «egoismo generazionale» – ormai diventato un lusso insostenibile – cadrà sulle spalle di chi, oltre a pagare per gli altri, non ha più nessuna certezza di beneficiare di un trattamento analogo; parliamo dei nati dopo il 1975, per i quali il bilancio individuale fra dare e avere è destinato a chiudersi con cifre sempre più negative.

La generazione alla quale appartengo, insomma, somiglia a chi arriva a una grande festa trovando solo piatti vuoti e bicchieri rotti, e che – oltre a sentirsi dire che la festa ormai è finita – scopre di essere obbligato a imbracciare paletta e scopino per pulire tutto.

Potete biasimarci se ci rifiuteremo di farlo?

Fonte: la regione dell’8.10.2015

 
Visiva